Transazione possibile su concordati e accordi bocciati da Fisco e Inps

Le novità sulla transazione fiscale e contributiva che la legge 27 novembre n. 159 con cui è stato convertito il Dl 125/2020 (pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del 3 dicembre scorso), ha introdotto nella vigente legge fallimentare sono rilevanti (si vedano i box a lato): non tanto per quanto attiene al principio della «discrezionalità vincolata alla convenienza», che anche in precedenza doveva informare le pronunce del Fisco e degli enti previdenziali, ma per la funzione di supplenza assegnata al Tribunale in caso di mancata adesione alla proposta. Non mancano tuttavia dubbi interpretativi e sarebbe un errore pensare che la transazione fiscale sia divenuta più semplice. Il ruolo dell’adesione L’applicazione delle disposizioni di cui trattasi richiede la sussistenza di un doppio presupposto: la convenienza della proposta il ruolo determinante o decisivo dell’adesione. Non è quindi sufficiente, ai fini della sua approvazione, anche se questo sarebbe sensato, che la proposta sia solo conveniente per l’Erario e/o gli enti previdenziali. Si perviene a questa conclusione sulla base sia della lettera della norma (in considerazione dell’utilizzo della congiunzione “e”), sia della ratio della stessa desumibile dalla relazione illustrativa dell’analoga previsione contenuta nel Codice della crisi d’impresa da cui queste norme sono state estrapolate per anticiparne l’operatività (il Codice della crisi entrerà infatti in vigore il 1° settembre 2021). Nella relazione illustrativa si afferma infatti che la possibilità di omologare gli accordi di ristrutturazione anche in mancanza del consenso del Fisco e/o degli enti è stata prevista nel presupposto che «l’adesione è decisiva ai fini del raggiungimento delle percentuali di legge». L’estensione al rigetto Per ragioni logico-sistematiche le suddette disposizioni devono trovare applicazione non solo nel caso in cui l’agenzia delle Entrate e/o gli enti previdenziali non si pronuncino sulle proposte loro formulate, ma anche quando le rigettano. Infatti (come si legge nella relazione illustrativa al Dlgs 14/2019) tali norme intendono «superare ingiustificate resistenze alle soluzioni concordate, spesso registrate nella prassi» e non vi è dubbio che tali resistenze possono concretizzarsi sia qualora l’ente creditore dilazioni oltre misura la risposta alla proposta di transazione, sia qualora esso la rigetti espressamente. Questa conclusione trova inoltre conforto nella lettera della nuova norma, atteso che tanto l’espressione «anche in mancanza di adesione» (utilizzata nel rinnovato comma 4 dell’articolo 182-bis della legge fallimentare con riguardo all’accordo di ristrutturazione) quanto l’espressione «anche in mancanza di voto» (utilizzata nel nuovo comma 4 dell’articolo 180 della legge fallimentare a proposito del concordato preventivo) possono essere letteralmente intese, non solo come assenza di risposta da parte dell’Erario o degli enti previdenziali, ma, salvo in taluni casi, anche come risposta negativa, e sono comunque tali da non ostacolare la conclusione testé rappresentata in conformità alla ratio desumibile dalla menzionata relazione illustrativa. E, se proprio se si volesse rinvenire in tali espressioni un’incertezza interpretativa, questa dovrebbe essere superata sulla base della ratio delle norme di cui trattasi, che conduce alla conclusione testé esposta. Le procedure in corso La legge 159/2020 è entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, cioè il 4 dicembre, e non prevede disposizioni transitorie. Le norme di cui trattasi, che hanno natura processuale, sono pertanto da ritenere applicabili anche alle proposte di transazione presentate anteriormente a tale data, purché, con riguardo ai concordati, non siano ancora state concluse le operazioni di voto e, con riguardo agli accordi di ristrutturazione, non sia ancora stata presentata la domanda di omologazione del «fascio» di accordi di cui la transazione fa parte. Indipendentemente da ciò, finché è consentito, l’impresa debitrice può anche modificare la proposta precedentemente formulata o rinunciare alla procedura e avviarne una nuova sulla base di una diversa proposta.

Il Sole 24 Ore 

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